E se fosse giunto il tempo per una svolta epocale nei modelli democratici? L’Italia avrebbe il coraggio di perseguirla? Non credo, però…
Si sa, la democrazia non mi è mai particolarmente piaciuta: troppo farraginosa, poco efficiente sul piano decisionale, squilibrata sul versante del voler accontentare tutti. Ho sempre patteggiato per sistemi totalitari o per utopiche forse di tecnocrazia. Intravedo però una terza via che metterebbe d’accordo molti: la tecnocrazia democratica. Un governo di tecnici puri, non eletti dai cittadini ma nominati dal capo di stato, e un pa
rlamento politico, eletto, che calmieri i provvedimenti governativi.
Si porrebbero molti problemi o dubbi sul come e chi scegliere per i ruoli di governo, ma questi sono dettagli tecnici. Il concetto di fondo, e non sto certo scoprendo l’acqua calda, è di slegare le decisioni economiche e di gestione della res pubblica dalla troppo emozionale politica. Un po’ come per accadeva con i piani quinquennali di sviluppo dell’URSS, o dell’attuale Cina (nda. entrambi questi stati sono stati etichettati come tecnocrazie), si decide all’inizio una rotta da seguire e su quella base si impostano le varie decisioni.
Oggi non siamo così distanti. Basterebbe fare un piccolo passo per afferrare il futuro, la rivoluzione del XXI secolo, naturale conseguenza dell’evoluzione in senso tecnologico della società del secolo scorso. Nessuno però farò lo sforzo. Paura, diffidenza e reticenza sono ancora padrone della società.